Vittorio Carradore  è uno dei rari paesaggisti veronesi che fieramente può dirsi d’essere un reale continuatore della “Scuola Veneta del ‘900”. Non a caso suo maestro ideale è Gino Rossi, pittore immortale, e a cui ha guardato da sempre, ma non per “copiarlo”, e invece per avere delle realtà formali e di poetica su cui pensare, su cui studiare, su cui capire il paesaggio con le costanti e le varianti coloristiche, e tonali, che sanno insegnare a dipingere. La tramatura dei suoi quadri si sonda con ricchezza, pur apparendo conseguente a un lavoro spontaneo, che si sviluppa a respiro spontaneamente. Belli sono i verdi e così i grigi, i bruni, i carmini, gli azzurri nel dipanarsi della figurazione, che proprio nelle toppe delle cromie ricordano la stagione degli “Anni Venti”, e ancor più la “Secessione Viennese”. Ecco allora gli esemplari lavori d’arte lasciateci da Casorati, da Guido Trentini, da Zamboni, e par altri versi quelli di Boccioni pre-futurista. Toccando di più Venezia non si devono scordare gli esempi venutici dalla “Scuola di Pont Aven”, che tanto ha contato per Gino Rossi, mentre Pio Semeghini studiava Cézanne. In questi modi si rende vivo il paesaggismo veneto di ieri, ma anche di oggi se, appunto, fa emergere la qualità di Carradore. Una naturalezza pittorica che è ottimale e da “cavalletto” senza alcun dubbio, e senza timore. Un pittore onesto e fedele a sé stesso, che lavora aggiornandosi di giorno in giorno sia all’aperto che in studio, con una brillantezza che vive di qualità.

 Alessandro Monzambani