Vittorio Carradore ha un gusto innato per il colore, che egli distende in campiture dolci e velate, con effetti a volte acquarellosi. Sono soprattutto paesaggi di una campagna domata dal lavoro dell’uomo, visioni felici impaginate da un poeta che con evidenza ha voluto prendere le mosse dalla tradizione tutta italiana dei Macchiaioli. La superficie dei suoi lavori appare segnata dalla traccia preparatoria del carboncino che è leggera, e per buona parte celata dall’effusione piena del colore, che occupa lo spazio della tela, lasciando solo intravedere un impianto segnico preciso ma sintetico, e comunque tendente a sconfinare oltre i limiti del supporto. Di importante risalto è l’impasto cromatico, che non è naturista, ma mirato a riprodurre gli effetti della luce intensa del giorno sui campi, sugli alberi, sulle case, sulle strade polverose sotto il sole estivo. L’impaginato è prospettico, spesso segnato dalle linee di fuga dei sentieri che percorrono i terreni movimentati in alture e avvallamenti, su cui piante e colture sono pretesto di un concertato visivo ritmico e gioioso. Gli orizzonti si distendono su un cielo movimentato e caratterizzato da velature molto ben calibrate nelle sovrapposizioni dei colori più chiari della tavolozza, tenui toni rosati, grigi e azzurrini. In contrasto, le tacche che segnano tutto ciò che popola la terra, sono intense nei verdi, nei viola, nei blu e in tutta la gamma calda dei rossi e dei gialli. Meno frequenti, nella produzione di questo artista, sono i pezzi che riportano nature morte o figure, ma di qu3esti casi va detta la felicissima resa scenica, dove gli oggetti, i fiori, i frutti, e le presenze di uomini, donne e bambini, giocano ruoli molto ben precisati in una narrazione fervida e vitalistica. Qui lo studio della forma e la caratterizzazione psicologica aprono una prospettiva diversa rispetto a quella paesaggistica, e notevolmente interessante per il segreto intimistico che comporta, mentre il colore si carica di nuovi significati, aderendo puntualmente alla realtà corposa del quotidiano.

 Paolo Levi